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Perché non si dimentichi Il fondo memoriale Pubblicato nel maggio 2013 Reso possibile grazie a:
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Memorijal kovači Alija Izetbegović
Memoriale Kovači Alija Izetbegović
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Memoriale Kovači

Memorijal Kovači

Il Fondo per la realizzazione e la conservazione dei Cimiteri dei martiri (shahīd) e dei soldati caduti, dei centri memoriali e dei monumenti commemorativi delle vittime del genocidio del Cantone di Sarajevo - Fondo Memoriale – è un’istituzione statale unica in Bosnia Erzegovina. E' stato fondata nel 1997 dall'Assemblea del Cantone di Sarajevo. L'attività principale del Fondo è la realizzazione delle lapidi musulmane e dei monumenti tombali ai martiri (shahīd) e ai soldati uccisi durante l'aggressione contro la Bosnia Erzegovina, nonché la costruzione, la protezione e la manutenzione dei Cimiteri dei martiri (shahīd) e dei soldati caduti.

Il Fondo memoriale attraverso le sue attività collabora con le comunità religiose, le associazioni dei veterani, le associazioni delle famiglie dei martiri (shahīd), le competenti istituzioni statali e con le organizzazioni non governative al fine di proteggere e impedire la devastazione dei cimiteri dei martiri (shahīd) e dei soldati caduti e di creare i segni appropriati nel cimitero dei martiri (shahīd) e dei soldati caduti. Oltre a queste attività il Fondo memoriale cura, mantiene e costruisce i materiali previsti dall’orticoltura nei cimiteri e nelle singole tombe dei morti membri delle Forze Armate della Repubblica della Bosnia Erzegovina. Il Fondo memoriale organizza e implementa la conferenza dei donatori per raccogliere fondi per la costruzione, la protezione e la conservazione dei cimiteri dei martiri (shahīd) e dei cimiteri dei soldati caduti. Un settore importante delle attività del Fondo è l'organizzazione degli incontri e delle manifestazioni di sensibilizzazione per la promozione delle idee della Guerra difensiva-di liberazione 1992-1995, della Guerra popolare-di liberazione 1941-1945, nonché le idee dell’antifascismo, che è il compito primario di questa istituzione. Sebbene il Fondo non sia fondato al livello dello Stato della Bosnia Erzegovina, con la perseveranza e la comprensione degli altri livelli delle autorità nella Federazione di Bosnia Erzegovina, siamo riusciti ad ottenere che nel budget del Fondo memoriale partecipi anche il Governo della Federazione di Bosnia Erzegovina ed alcuni Cantoni, Città e Comuni, quindi in tal modo siamo riusciti ad assumere il ruolo principale nelle attività del genere in Bosnia Erzegovina. Grazie alla perseveranza dell'amministrazione del Fondo, sono stati realizzati numerosi progetti in tutta la Bosnia Erzegovina nei luoghi del riposo dei martiri e dei difensori caduti della Bosnia Erzegovina. Mantenere i ricordi dei migliori figli della nostra Patria, ricordarsi delle loro grandi opere, organizzare manifestazioni che richiamano i ricordi della loro immagine e delle loro azioni, tutto ciò costruisce la consapevolezza dei valori assoluti di una società democratica: la libertà, la giustizia e l'uguaglianza di tutti i popoli in Bosnia Erzegovina.

Tunel spasa

Il Fondo memoriale si propone di risanare tutti gli edifici, spazi e monumenti commemorativi che testimoniano la lotta lunga mille anni per la Bosnia Erzegovina. Un simbolo infallibile sotto il quale vengono effettuate tutte le nostre attività è una variante del giglio bosniaco come espressione esplicita grafica della statualità della Bosnia Erzegovina nel suo percorso storico.

La silhouette della lapide del martire (shahīd) con il simbolo del giglio è un marchio del Fondo memoriale. Di per sé porta un messaggio e un chiaro impegno a promuovere la cultura della memoria e delle idee della Guerra difensiva-di liberazione 1992-995. Il giglio è obbligatorio su tutti i monumenti commemorativi ai martiri (shahīd) e ai caduti difensori della Bosnia Erzegovina come l'espressione unica della lotta dei popoli della Bosnia Erzegovina per la libertà e l'autonomia.

La missione del Fondo è definita attraverso tre competenze così articolate:

La costruzione e il posizionamento di lapidi ai martiri (shahīd) e ai soldati caduti nel periodo 1992 -1995.

La costruzione, la tutela e la manutenzione dei cimiteri dei martiri (shahīd) e dei soldati caduti, dei centri memoriali e dei monumenti commemorativi delle vittime del genocidio, e

La promozione delle idee della Guerra di difesa-di liberazione 1992-1995 attraverso l'immagine e l'opera del martire e del soldato caduto, nonché della Guerra popolare-di liberazione 1941-1945  e l'anti-fascismo.

Uno dei compiti principali del Fondo è la realizzazione del progetto della costruzione del Centro memoriale di Kovači. Il Fondo memoriale effettua la realizzazione delle attività previste con responsabilità, secondo i piani e professionalmente utilizzando le proprie risorse e potenzialità, con personale qualificato e la tecnica adeguata.

Nel corso della sua esistenza, il Fondo ha realizzato 421 progetti di costruzione dei cimiteri musulmani ed ha posizionato 8.779 lapidi, di cui 341 progetti di costruzione e 8.363 lapidi sono stati effettuati nel territorio del Cantone di Sarajevo. Nella Federazione di Bosnia Erzegovina sono stati realizzati 56 progetti di costruzione di cimiteri e posizionate 324 lapidi, mentre in Repubblica Srpska sono stati realizzati 24 progetti e posizionate 92 lapidi. Sono stati realizzati 37 progetti culturali (materiali promozionali, CD, DVD, pubblicazioni, libri, volantini, film documentari e cataloghi del Fondo memoriale) come espressione di tutela delle idee della Guerra di difesa-di liberazione 1992-1995.

Contemporaneamente alla realizzazione del monumento commemorativo ai soldati dell’Esercito della Repubblica della Bosnia Erzegovina unico, nel Cantone di Sarajevo, il Fondo memoriale grazie alle proprie potenzialità e risorse disponibili ha realizzato il progetto delle lapidi musulmane nel territorio dell’intera Bosnia Erzegovina. Inoltre, nell’intero territorio della Bosnia Erzegovina, sono stati realizzati cimiteri, turbe (tombe) agli eroi popolari (lì dove ciò è stato possibile dato lo spazio), centri memoriali, monumenti commemorativi e fontane di beneficenza e tutto ciò in base alle capacità materiali e tecniche del Fondo.

Il Fondo del memoriale esprime la sua più sincera gratitudine a tutte le istituzioni statali che  forniscono sostegno e assistenza generosa per il funzionamento del Fondo, e un ringraziamento particolare a tutti i nostri donatori, singoli e organizzazioni. che con buone intenzioni sostengono il nostro lavoro.

Non dimentichiamo i nostri martiri (shahīd) e difensori uccisi! Poiché se dimentichiamo loro, abbiamo dimenticato noi stessi, mettendo così in pericolo il nostro futuro e quello dei nostri figli.

Memorijal Kovači

Il Museo “Alije Izetbegovića”

Muzej Alije Izetbegovića

Il Museo "Alija Izetbegović" è stato inaugurato il 19 ottobre 2007, esattamente quattro anni dopo la scomparsa del Presidente. È tra le più giovani istituzioni culturali-storiche in Bosnia Erzegovina. Il museo originariamente era una delle dependance del Museo di Sarajevo, per diventare, dopo la decisione dell'Assemblea del Cantone di Sarajevo del 31 dicembre 2009, un ente pubblico autonomo.  Ciò ha permesso a questa istituzione di avere più opportunità per un funzionamento culturale e sociale di successo.

Il Museo "Alija Izetbegović" è situato nelle torri-cancello Ploča e Širokac,  che si trovano nell'ambito della Antica Città di Vratnik. Questo complesso architettonico ha un immenso valore storico e per questo motivo nel marzo 2005 è stato proclamato monumento nazionale della  Bosnia Erzegovina.

L'esposizione museale permanente è sistemata nelle predette torri. Nella torre Ploča è presentata cronologicamente, attraverso testi e fotografie, la vita di Alija Izetbegović, come uomo comune, uomo politico e statista. Nella torre Širokac, l'esposizione  museale è dedicata a Alija Izetbegović come comandante supremo nell'organizzazione della difesa dall'aggressione contro la Bosnia Erzegovina, così come a tutti coloro che alla difesa hanno preso parte.

Il Museo "Alija Izetbegović" rappresenta il museo dedicato ad un contemporaneo, il quale, con la sua vita e la sua lotta, si era dedicato alla Patria e al migliore futuro dei popoli che vi vivono. La storia della vita di Alija Izetbegović, il primo Presidente della Repubblica della Bosnia Erzegovina indipendente ha riempito le per secoli vuote vecchie torri in pietra, sottolineando così la continuità della Bosnia. Le mura e le torri rappresentano un simbolo della difesa e della libertà per le quali ha lottato tutta la sua vita Alija Izetbegović. Pertanto, queste Torri in pietra, luogo del Museo, hanno un significato simbolico poiché rappresentano il legame storico tra il passato, il presente e il futuro.

Il museo è una delle più giovani istituzioni di questo carattere in Bosnia Erzegovina, e i suoi fatti non li trae dal passato remoto. Istituito nei tempi moderni, il Museo "Alija Izetbegović" in un modo moderno offre le risposte alle questioni sollevate nel passato, ma fornisce anche le fondamenta per il futuro. Attraverso un approccio oggettivo, il Museo incoraggia i giovani, gli intellettuali, i ricercatori... a fare un approccio alla scrittura della storia in base alle conoscenze professionali. Alla scrittura di una storia che, a giudicare dalla vita di Alija Izetbegović, può lasciare un unico indizio positivo solo se viene scritta attraverso la verità.

Muzej Alije Izetbegovića

Alija Izetbegović

08.08.1925. - 19.10.2003
 
Alija Izetbegović è nato l’8 agosto 1925 a Bosanski Šamac. Tre anni dopo, la sua famiglia si trasferisce a Sarajevo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Izetbegović aderisce all'organizzazione "Giovani musulmani" che raduna maggiormente gli studenti con un forte programma anti-fascista e anti-comunista. Questa organizzazione si oppone alla distruzione delle istituzioni religiose e dei valori tradizionali del popolo musulmano in Bosnia Erzegovina, che i comunisti hanno iniziato ad attuare venendo al potere. Dopo la Guerra, l'Organizzazione continua ad operare e per la sua attività entra in conflitto con le nuove autorità e, a causa di questo, inizia l'arresto dei suoi membri. Izetbegović viene arrestato nel 1946 e rimane in carcere fino al 1949. Dopo essere uscito dalla prigione, continua a lavorare con i "Giovani musulmani". Le persecuzioni delle autorità comuniste erano molto forti e sempre più attivisti venivano condannati a morte così che questa organizzazione comincia a spegnersi formalmente. Le sue idee stavano resistendo negli incontri privati informali. Si iscrive alla Facoltà di Agraria che abbandona dopo tre anni. Si laurea presso la Facoltà di Giurisprudenza di Sarajevo nel 1956.

A parte il lavoro regolare svolto presso un’azienda edile, Izetbegović non abbandona il suo interesse per la filosofia e la letteratura, ed inoltre per i sistemi globali come il comunismo e il capitalismo e, naturalmente, per l'islam e i problemi del mondo islamico. Nel 1969 redige una bozza, e nel 1970 realizza e la rende pubblica la „Dichiarazione islamica". Scrive il libro "L'islam tra Oriente e Occidente" nel 1946. Questa è la sua opera più famosa, successivamente integrata e nel 1984 pubblicata in Canada in inglese. A causa del suo impegno intellettuale, le autorità comuniste lo condannano, insieme ad altri dodici intellettuali bosgnacchi e nel famoso "Processo di Sarajevo" tenutosi nel 1983, a 14 anni di prigione. Durante questa montatura di processo, venivano, dalla Jugoslavia e dal mondo, numerose proteste e petizioni per la liberazione di tutti gli imputati, tra cui la petizione di Predrag Matvejević, Danilo Kiš, Ciril Zlobec, il PEN Centro internazionale, l'Organizzazione della Conferenza islamica e da parte di venti più famosi scrittori e accademici di Belgrado. Durante il suo percorso in prigione, trovava la forza nella sua fede e nel forte sostegno della sua famiglia.

Alija Izetbegović esce di prigione nel novembre del 1988, a seguito della decisione di amnistia dell'Assemblea di Jugoslavia relativa a tutti i prigionieri condannati per reati di opinione. La situazione in Jugoslavia era molto diversa rispetto a qualche anno prima: dalla Slovenia e dalla Croazia venivano richieste di democratizzazione della società e dell'introduzione del sistema politico multipartitico. Nel giro di poco tempo, è stato buttato giù il Muro di Berlino e uno dopo l'altro cadevano i regimi bolscevichi nel mondo. Alija Izetbegović non aveva nessun dilemma: il suo obiettivo era una forte organizzazione politica dei bosgnacchi. Il 27 marzo 1990 si tiene una conferenza stampa in cui si rivela la costituzione del Partito di Azione Democratica (SDA), con cui si apre un processo di democratizzazione della società e l'introduzione del sistema multipartitico in Bosnia Erzegovina. Nel corso dell'Assemblea costitutiva, Alija Izetbegović è stato eletto Presidente del partito. Le prime elezioni multipartitiche si sono svolte il 18 novembre 1990. Il Partito di Azione Democratica ha vinto 86 dei 240 seggi, e tre posti nella Presidenza della Repubblica della Bosnia Erzegovina su un totale di sette. Alla seduta costitutiva della Presidenza della Bosnia Erzegovina, Alija Izetbegović  viene eletto Presidente. Il Presidente Izetbegović considerava la sopravvivenza e la democratizzazione della Jugoslavia un elemento chiave per la risoluzione pacifica della sua crisi. Per questo ha partecipato attivamente ai lavori della Presidenza della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia. Durante questi incontri, senza successo, si cercava di risolvere il destino della Jugoslavia in modo pacifico. L'ultimo tentativo del genere era la piattaforma, redatta dal Presidente Izetbegović e dal Presidente dell'allora Repubblica di Macedonia, Kiro Gligorov, che prevedeva una "federazione asimmetrica", e cioè che la Jugoslavia, al posto di uno Stato federale, diventasse una federazione di Stati. Questo piano viene valutato molto positivamente, ma crolla per volontà dell'asse politicamente distruttivo Belgrado-Zagabria. Nel tentativo di contribuire ad una soluzione pacifica del conflitto, il Presidenza della Bosnia Erzegovina, con a capo Izetbegović, decide di non mandare i soldati e i riservisti provenienti dalla Bosnia Erzegovina in guerra in Croazia.

La Bosnia Erzegovina il 20 dicembre 1991 invia una richiesta di riconoscimento dell'indipendenza alla Comunità europea e il 25 dicembre dello stesso anno, decide di indire un referendum relativo su questo tema. In base alla Dichiarazione di Bruxelles della Comunità europea del 17 dicembre 1991, l'Assemblea della Bosnia Erzegovina il 20 gennaio 1992 adotta un Memorandum di sovranità. Il quesito referendario è stato: "E' per la Bosnia Erzegovina sovrana ed indipendente, Stato di cittadini uguali, popoli della Bosnia Erzegovina - musulmani, serbi, croati e membri degli altri popoli che vivono in essa?". Il referendum si è tenuto il 29 febbraio e il 1 marzo del 1992, al quale ha risposto il 63.95% della popolazione, di cui il 99% ha votato per una Bosnia Erzegovina indipendente. I leader dei serbi di Bosnia Erzegovina hanno contestato il referendum. In questo drammatico periodo il Presidente Izetbegović ha realizzato i suoi primi, ma molto importanti, contatti internazionali. Il Presidente Izetbegović utilizza tutti questi incontri per evidenziare l'urgente necessità di risolvere la crisi in tutta la Jugoslavia, in particolare in Bosnia Erzegovina, in modo pacifico.

In base ai risultati del Referendum, la Comunità europea, il 6 aprile 1992 riconosce la Bosnia Erzegovina mentre gli Stati Uniti d'America lo fanno il giorno dopo. Lo stesso giorno, il leader dei serbi di Bosnia, Radovan Karadžić e il Presidente serbo Slobodan Milosević avviano un attacco militare contro lo Stato della Bosnia Erzegovina,  internazionalmente riconosciuta, e comincia l'assedio di Sarajevo. Nelle condizioni difficili dell'aggressione il Presidenza della Bosnia Erzegovina, guidata da Alija Izetbegović, emana la Decisione sull'istituzione dell'Esercito della Bosnia Erzegovina e del Governo di guerra. Una delle decisioni più importanti era che la Presidenza rimaneva nella Sarajevo assediata. Alija Izetbegović era impegnato per uno Stato unico, civile, multietnico della Bosnia Erzegovina nei suoi confini storici, e in questo senso, ha definito la politica e la lotta come una guerra di liberazione. Al rientro dai negoziati di pace, tenutisi il 2 maggio 1992 a Lisbona, insieme al Vice-Presidente del Governo, dr.sci Zlatko Lagumdžija e la figlia Sabina, interprete ufficiale, viene arrestato dall'Esercito popolare Jugoslavo all'Aeroporto di Sarajevo. Questo è stato uno dei giorni più drammatici a Sarajevo, quando le forze di difesa combattevano la battaglia cruciale per la città, ma anche per lo Stato. Il palazzo della Presidenza della Bosnia Erzegovina durante l'aggressione veniva preso di mira dai cecchini e con i proiettili di artiglieria. Nel palazzo stesso e nei suoi pressi, sono state uccise 57 persone. Verso la fine della guerra, il palazzo veniva mirato persino con bombe aeree modificate. Izetbegović, così come tutti i cittadini di Sarajevo, era un bersaglio costante degli attacchi di artiglieria durante l'assedio della città. Un altro colpo pesante per la Repubblica della Bosnia Erzegovina durante la guerra difensiva lo ha dato il Presidente della Croazia Franjo Tuđman, il quale, mettendo sotto controllo gli eserciti croati collaborazionisti della Bosnia Erzegovina, ha installato una creazione parastatale "Herceg-Bosna" coinvolgendosi così nell'aggressione contro la Bosnia Erzegovina.

Durante l'aggressione contro la Repubblica della Bosnia Erzegovina e il genocidio contro i bosgnacchi, il Presidente Izetbegović ha dovuto prendere le decisioni più difficili. Ha partecipato a tutti i negoziati di pace organizzati dalla comunità internazionale. In tutta Europa, America, Africa ed Asia, in numerose conferenze e riunioni, in particolare presso le Nazioni Unite, ha avvertito gli interlocutori sugli orrori che si svolgevano in Bosnia Erzegovina, alla quale, le Nazioni Unite e i più potenti Paesi dell'Occidente rendevano ancora più difficile la difesa grazie all'introduzione dell'embargo delle armi. Sotto la sua presidenza, la Presidenza della Bosnia Erzegovina, come Comando Supremo delle Forze Armate, prendeva decisioni grandi e difficili, in particolare sul rafforzamento e sull'armamento dell'Esercito della Bosnia Erzegovina, indipendentemente dall'embargo illegale internazionale. Questa politica, col passar del tempo, ha portato al cambiamento del rapporto di forze sul campo di battaglia, e quindi al rafforzamento delle posizioni negoziali della delegazione bosniaca. In veste di Presidente di uno Stato riconosciuto a livello internazionale, da parte del quale stavano tutte le leggi del diritto internazionale, la giustizia e la verità, Izetbegović, durante la guerra, ha incontrato quasi tutti i Presidenti e i rappresentanti dei Paesi occidentali. Nei suoi interventi era sempre sincero, indicando apertamente i loro fallimenti. Tuttavia, la loro politica di "non intervento" ostacolava in modo significativo la difesa. In Oriente, nel mondo islamico, veniva considerato un simbolo della giusta lotta per i musulmani e altri antifascisti in Bosnia Erzegovina. I Paesi islamici avevano capito che nell'aggressione contro la Bosnia Erzegovina, fra tutti gli altri, il popolo musulmano era quello più minacciato, il popolo dei bosgnacchi, poiché rappresentava un ostacolo alla ripartizione del Paese tra i Paesi confinanti. Pertanto, questi Paesi aiutavano entusiasticamente la giusta lotta della Bosnia Erzegovina. La persistenza del Presidente Izetbegović nel dimostrare la verità sulla Bosnia Erzegovina, l'avanzamento dell'esercito della Repubblica della Bosnia Erzegovina sul campo di battaglia, l'indebolire del morale di coloro che attaccavano, nonché il genocidio di Srebrenica "zona di sicurezza" delle Nazioni Unite, il crimine dei četnici in una  piazza di Tuzla e nel mercato di Sarajevo "Markale” e l'arrivo al potere dei nuovi leader dei più importanti Paesi dell'Europa occidentale e degli Stati Uniti d'America, finalmente, hanno portato alla reazione internazionale e agli attacchi militari dell'Alleanza NATO contro le posizioni serbe nel settembre 1995, con cui è iniziata la fase finale della guerra. La guerra si concluse con la sigla degli Accordi di pace a Dayton il 21 novembre 1995.

I negoziati di pace di Dayton, per il Presidente Izetbegović, rappresentano uno dei momenti più difficili nella sua vita. Nel suo diario lui scrive: "Negoziare significa decidere, e prendere decisioni è il lavoro più difficile che possa essere destinato ad un essere umano. Il mio problema era che non potevo né ottenere una buona pace, né fare una buona guerra." Dopo 20 giorni di trattative, è stato raggiunto un Accordo. Con questo Accordo veniva confermata la statualità della Bosnia Erzegovina nei suoi confini storici. La pace viene firmata il 14 dicembre 1995 a Parigi. La politica che distruggeva la Bosnia Erzegovina dal 1990 al 1995 continuava in un certo modo anche dopo gli Accordi di Dayton. Il dopoguerra ha portato nuove difficoltà, ingiustizia e discriminazione. Il Presidente Izetbegović, fino alla fine della sua attività politica, si impegnava per rafforzare lo Stato e le sue istituzioni, per il rientro degli sfollati, per processare i criminali di guerra, istituire la cooperazione internazionale, espandere  le libertà dell'uomo... Anche se con la salute compromessa, nei successivi quattro anni, dà un contributo importante alla stabilizzazione del Paese. Alle numerose conferenze internazionali, continuando ad accentuare "l'idea della Bosnia Erzegovina", come sfida planetaria per tutti gli umanisti, in particolare ha cercato, nell'ambito delle sue possibilità, di avvicinare l'Occidente all'Oriente e l'Oriente all'Occidente. Stati di tutto il mondo, associazioni e media l'hanno premiato con numerosi premi e riconoscimenti. A causa della cattiva salute, nell’ottobre del 2000 si ritira dal suo incarico di Presidente della Presidenza della Bosnia Erzegovina. Un anno dopo viene eletto Presidente onorario a vita del Partito di Azione Democratica (SDA).

All'inizio di ottobre 2003 il Presidente Alija Izetbegović va in ospedale. Migliorando il suo stato di salute, per diversi giorni riceveva in visita i suoi amici e collaboratori, nonché politici e leader mondiali. L'ultimo tra coloro che l'hanno visitato è stato il Presidente degli Stati Uniti d'America Bill Clinton e il Primo Ministro della Turchia, Taip Erdogan. Stremato dalla malattia e dalle preoccupazioni, scompare da questa vita verso la vita eterna domenica 19 ottobre 2003. Al suo funerale hanno presenziato più di 150.000 cittadini, patrioti e ammiratori delle sue idee, attività e dei suoi obiettivi politici inclusi i rappresentanti più importanti della comunità internazionale, i leader dei paesi dell'Oriente e di quelli occidentali. Viene sepolto nel Cimitero dei martiri (degli shahīd) nel quartiere Kovači di Sarajevo.

 

Lettore storico

" ... focolare delle guerre e fiore tra le città dei martiri e dei combattenti ... "

Queste parole si riferiscono alla capitale della Bosnia Erzegovina e risalgono al XV secolo, pronunciate dal fondatore della Sarajevo ottomana, gazi-Isa Bey Ishaković. Se guardiamo oltre 500 anni indietro, queste parole suonano quasi profetiche per la città nella quale scorre il fiume Miljacka. Il focolare come una metafora della battaglia feroce, sempre a carattere difensivo, e il fiore come metafora della bellezza. Queste sono le migliori e più coerenti immagini della città, ma anche dello Stato al cui destino è indissolubilmente legata in un solo corpo. Poiché in nessuna parte del mondo, in un’area così piccola ci sono più di 30 edifici militari provenienti da varie epoche e in nessuna parte del mondo come a Sarajevo l'Ospedale di ostetricia guarda verso 5 tra i più di 150 cimiteri di tutte le confessioni.. "Qui non si vive solo per vivere. Qui non si vive solo per morire. Qui si muore anche per vivere." (Mehmedalija Mak Dizdar 17 ottobre 1917 - 16 luglio 1971).

Bosnia al crocevia del Medioevo e dell’Età moderna

Lo Stato medievale bosniaco (prima Ducato, e poi il Regno) aveva perso la sua autonomia nel 1463, più precisamente il 5 giugno, con l'esecuzione dell'ultimo Re Bosniaco Stjepan Tomašević. I conquistatori del Regno Bosniaco sono stati gli Ottomani sotto la guida del celebre sultano Mehmed II (El-Fatih), che dieci anni prima aveva occupato la capitale dell'Impero Bizantino – Costantinopoli (1453).

ITuttavia, il 1463 non rappresenta l'inizio della storia ottomana in Bosnia, al contrario. Gli Ottomani, molto prima, avevano conquistato e poi stabilito il loro potere in gran parte del territorio della Bosnia medievale. Questo vale soprattutto per le parti orientali dello Stato bosniaco, compresa l'area dell’odierna Sarajevo. Va notato che l'istituzione di questo governo da parte degli Ottomani significa, tra l'altro, anche la creazione di un nuovo paradigma culturale e di civiltà che, più o meno, riuscirà a sopravvivere fino ad oggi.

Sarajevo pre-ottomana (medievale)

La Sarajevo odierna con i suoi dintorni faceva parte dell'allora Diocesi medievale di Vrhbosna. La predetta, al momento della sua formazione, formava assieme alle altre Diocesi, il nucleo dello Stato Bosniaco medievale, governato dal Bano bosniaco, cioè il Re. Col passar del tempo, la maggior parte della Diocesi Vrhbosna sarà assegnata alla famiglia feudale Pavlović. Il centro della Diocesi Vrhbosna rappresentava una fortezza o città (castrum) Hodidjed. Essa, nelle fonti storiche, viene citata come: Hodidid, Codidich, Codidel, Chodidied, حوديديد ...

Ma dove si trovava la città medievale Hodidjed?

I ricercatori offrono diverse risposte o interpretazioni. Per questa occasione, noi offriamo quella fornita da Alija Bejtić (1920-1981).

La Hodidjed, come centro ma anche come fortezza della Diocesi Vrhbosna si trovava in luogo dell'odierna Fortezza bianca (Bijela tabija), al di sopra del quartiere Vratnik. La Hodidjed, come città (cioè castrum), aveva un suo quartiere basso o subcastrum che si trovava nella zona del quartiere odierno Vratnik. Il quartiere basso di Hodidjed aveva una propria piazza nella quale si svolgeva quasi tutta la vita sociale. Questa piazza veniva chiamata Tornik cioè Torkovište. Oggi, non si può vedere niente di questo! Non esiste più quella fortezza originale medievale nè la città Hodidjed, nè nessun edificio medievale nella zona del quartiere basso - Vratnik. Tutto quello che vediamo oggi in questa zona è il resto più antico dell'epoca ottomana, la quale, letteralmente, era costruita direttamente sul Medievo Bosniaco. Ma non c'è nessun dubbio che sotto le fondamenta degli edifici odierni, nelle zone di cui parliamo, si trovano i resti delle vecchie strutture pre-ottomane.

Sarajevo dell'epoca Ottomana

La Hodidjed medievale come città o fortezza diventerà la prima sede dei rappresentanti ottomani del supremo potere in quest'area. Secondo la sede ottomana o il centro amministrativo - Saray (castello), l'allora Diocesi medievale Vrhbosna aveva un nuovo nome - Sarajevo (Saray - ovast) che significa: la valle di Sarajevo. Solo più tardi, con il rinforzarsi del governo ottomano, il castello o serraglio sarà trasferito dalla fortezza di Hodidjed più in basso e più vicino al fiume Miljacka. Naturalmente, la fortezza Hodidjed avrà sempre un ruolo importante nella Sarajevo ottomana, ed in essa saranno situati i soldati, con a capo un Dizdar. La Hodidjed col tempo, subirà una serie di trasformazioni così che oggi, dal punto di vista della struttura e soprattutto per la sua forma, non ha alcuna somiglianza con una fortezza medievale. Del Medievo è rimasto solo il concetto, visibile anche oggi.

Le mura, le torri-cancello e le fortezze di Vratnik - L'Impero Ottomano nel XVI secolo era in espansione e solo alla fine del XVII e XVIII secolo passa sulla difensiva il che si sente particolarmente nel territorio dell’attuale Bosnia Erzegovina, compresa Sarajevo. Nel 1697 a Sarajevo, con il suo esercito, penetra il principe Eugenio di Savoia e brucia quasi completamente la città. L'esperienza degli incendi dolosi, dei saccheggi e del disastro generale cambierà per sempre l'immagine di Sarajevo, cioè di Vratnik. Questo sfortunato evento avvia una serie di attività al fine di costruire dei sistemi di fortificazione in Vratnik con l'obiettivo di creare un luogo dove, in caso di invasioni militari simili i Sarajevesi potrebbero ritirarsi, proteggersi e, naturalmente, difendersi. In questo senso, su ordine di gazi-Ahmed Pasha Rustempašić Skopljak, l'allora governatore della Bosnia, vengono costruite le mura attorno al Vratnik dal 1729 al 1739, nell'ambito delle quali vengono costruite tre torri-cancello: Ploča, Širokac e Višegradska. Inoltre, all'interno delle mura vengono costruite anche quattro fortezze (bastioni): Fortezza Gialla (žuta), Fortezza Strošićka, Fortrezza Arap e Fortezza Arnaut (le ultime due sono inaccessibili ai visitatori).

Di queste quattro fortezze, la più importante è Fortezza Gialla (Žuta tabija) conosciuta come la Torre-cannone (Top-kula), situata in Jekovac. La storia della città di Sarajevo la ricorda particolarmente dal periodo di occupazione da parte dell'esercito austro-ungarico, sotto il comando di Josip Filipović nel 1878. Sotto questa torre e da essa, i difensori di Sarajevo, sotto la guida di Shaykh Muhammad ef. Hadžijamaković (1814-1878) organizzavano la forte resistenza agli occupanti. Oggi, da questa fortezza, si fa sentire un cannone, che durante il mese di Ramadan, dà il segnale per indicare che è giunta l'ora dell’Iftar (cessazione del digiuno).

La fortezza Bianca (Bijela tabija), nel XVIII secolo, viene aggiunta al sistema di fortificazione di Vratnik. Tuttavia, la Fortezza Bianca è nata come l'espansione Ottomana della fortezza medievale di Hodidjed. La predetta espansione sottintendeva la costruzione aggiuntiva di una serie di edifici in diversi periodi di tempo, e uno dei primi che è stato costruito era la Moschea di sultano Fatih, che purtroppo oggi non c'e' più, tranne le sue fondamenta. Tuttavia, la forma finale di questa fortezza le è stata data dai costruttori austro-ungarici nel XIX secolo. Questa fortezza viene ricordata anche nella tradizione popolare per l'esecuzione di non pochi abitanti di Sarajevo, in particolare di coloro che avevano violato la legge. I peccatori e "i peccatori" venivano uccisi con „la corda di seta" ed ogni esecuzione veniva annunciato dagli spari del cannone.

 

L'ospedale di Waqf (Hastahana) è la prima istituzione ospedaliera moderna in Bosnia Erzegovina. E' stato costruito con i mezzi finanziari del Waqf (fondazione pia islamica) di gazi-Husref-bey, ed è stata inaugurata dal Visir bosniaco Topal Šerif Osman-Pasha l'8 ottobre 1866. L'edificio ospedaliero aveva due reparti (maschili e femminile) con 40 posti letto e stanze accessorie per il personale, i medici, per la farmacia e i bagni. Il trattamento in questo ospedale era gratuito fino al 1879. Un’informazione preziosa per questo ospedale è che nel 1891 è stato lì eseguito il primo intervento al cervello in Bosnia Erzegovina. L'intervento è stato eseguito dal medico Karl Bayer.

Le condizioni odierne della devastazione dell'edificio è la conseguenza dell'aggressione contro la Bosnia Erzegovina 1992-1995. L'edificio è stato dichiarato un monumento nazionale della Bosnia Erzegovina e la sua ricostruzione dovrebbe essere effettuata prossimamente.

Lo stesso Visir bosniaco, Topal Serif Osman-Pasha ha ordinato la costruzione di un altro ospedale a Sarajevo, l'Ospedale Militare (Hastahana). Questo ospedale venne costruito contemporaneamente all'Ospedale di Waqf, però viene inaugurato due anni dopo (1868)... Oggi non c'è traccia di questo ospedale per due motivi:

1.Su una parte dell'Ospedale Militare ottomano è stato costruito il moderno Ospedale militare 1976-1979 nell'epoca della Repubblica Socialista Federativa Jugoslava. Dopo l'aggressione, l'Ospedale Militare venne ricostruito ed oggi opera sotto il nome l'Ospedale generale "Primario dr. Abdulah Nakaš".

2.Gli ultimi resti dell'Ospedale Militare ottomano sono stati distrutti durante l'aggressione 1992-1995 ed in luogo dell'allora edificio ospedaliero oggi si trovano un parco e un parco giochi.

Medžidija Kršla (caserma) viene costruita nel periodo 1854-1856 nel quartiere di Bistrik ed è un'opera dell'architetto macedone Andrija Damjanov. La caserma, inizialmente, era chiamata con il nome del sultano ottomano Abdul Medžid. Dalla sua costruzione fino ad oggi veniva sempre utilizzata per scopi militari, e la storia di Sarajevo la ricorda per di più per gli anni '90 del XX secolo. In questa caserma era situato il Comando della II Regione Militare dell'Armata popolare Jugoslava e questa caserma, con il suo comando, aveva il ruolo chiave nella preparazione dell'aggressione contro la Bosnia Erzegovina.

Sarajevo dell'epoca austro-ungarica

Al Congresso di Berlino del 1878 viene definita ed approvata l'occupazione della Bosnia Erzegovina da parte dell'Impero Austro-Ungarico – va detto che con questa decisione era d'accordo il sultano Ottomano, l'allora governatore della Bosnia! Tuttavia, le decisioni e le intenzioni dell'Europa occidentale, ma anche dei sultani ottomani non erano obbligatorie per il popolo bosniaco che tempestivamente e autonomamente si organizza e protesta contro l'occupazione austro-ungarica.

Il 29 luglio 1878 le truppe austro-ungariche attraversano il confine della Bosnia. Le battaglie più sanguinose si fanno nella difesa di Sarajevo. Gli invasori arrivano nei pressi della città il 17 agosto e il 19 agosto iniziano ad attaccarla. Le battaglie si conducevano letteralmente per ogni singola via della città, e alla difesa partecipavano tutti coloro che potevano portare un fucile, quindi anche le donne e i bambini! Le battaglie più dure si facevano nei pressi della Moschea di Ali-Pasha. Quasi l'ultima resistenza, gli abitanti di Sarajevo, la sostengono nel quartiere di Kovači e nei pressi di Jekovac. Con la rottura di questa resistenza, l'Austro-ungheria finalmente conquista Sarajevo.

La più presente e più evidente eredità del periodo austro-ungarico è quella costruttiva - architettonica. In questo senso, evidenzieremo gli edifici di carattere militare e, in particolare, si segnala la Caserma Jajce, una delle migliori vedute della città.

 

JLa Caserma Jajce viene costruita in Vratnik alla fine del governo austro-ungarico nel 1914 al posto di una caserma più piccola costruita nel 1886 - di questa prima caserma si sa poco. Il primo nome della Caserma Jajce era la Caserma del Principe Eugenio di Savoia, cioè quello stesso Principe che nel 1667 ha saccheggiato ed incendiato Sarajevo. Tuttavia, questa caserma ancora durante la Prima guerra mondiale (1915) verrà riconosciuta come la Caserma Jajce poiché in essa, dalla città di Jajce, viene trasferito l'ospedale militare.

JLa caserma Jajce, insieme all'ex Caserma Medžija Kršla in Bistrik, che sarà ribattezzata Caserma Filipović e con il Campo militaredi Marindvor, è fra i più grandi edifici militari costruiti nel periodo del governo austro-ungarico.

La caserma Jajce, nel 2002, prende un nome nuovo, la Caserma „Safet Hadžić". Tuttavia, i Sarajevesi la conoscono soprattutto come la Caserma Jajce!

Purtroppo, durante l'ultima aggressione, la caserma Jajce venne devastata.

 

L'attentato di Sarajevo – la fine del Governo austro-ungarico in Bosnia Erzegovina, così come a Sarajevo, inizia con la Prima guerra mondiale. Il 28 giugno 1914, in zona dell'odierna Via Obala Kulina-bana, nei pressi del Ponte Latino, Gavrilo Princip, membro dell'organizzazione "Giovane Bosnia" spara al principe ereditario austro-ungarico, Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia - i colpi sono stati fatali, entrambi vengono uccisi. Per questo l'attentato l'Austro-Ungheria accusa la Serbia. Il 28 luglio 1914 viene proclamata la guerra alla Serbia, e con questo inizia ufficialmente la Prima Guerra Mondiale, che durerà fino al 1918 quando cessa il governo austro-ungarico in Bosnia Erzegovina.

 

Il Cimitero Leone (Groblje Lav) - nella zona del quartiere sarajevese Koševo, durante la Prima Guerra Mondiale viene formato un cimitero militare per la sepoltura dei soldati austro-ungarici. Il cimitero viene chiamato per la grande figura del leone, nel 1917 progettata dall'architetto Jozef Urban. Dopo la Seconda Guerra Mondiale in questo cimitero vengono sepolti gli ufficiali dell'Armata popolare jugoslava, e il complesso del cimitero prende il nome del Cimitero dei partigiani. Il nuovo-vecchio nome gli viene ridato nel 1992, quando in questo cimitero verranno sepolte le vittime dell'aggressione.

Sarajevo tra le due Guerre Mondiali

Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, il 1 dicembre 1918, viene creato il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni (SHS), in cui subentra anche Bosnia Erzegovina. Questa creazione statale il 6 gennaio 1929 viene ribattezzata Regno di Jugoslavia e questo nome rimane attivo fino alla Seconda Guerra Mondiale.

In questo periodo, la Bosnia Erzegovina si trova in un momento estremamente difficile e turbolento. La riforma agraria toglie il terreno, per prima, ai Bosgnacchi di confessione islamica i quali erano i più grandi proprietari terrieri. Grazie ad altre attività politiche la Bosnia Erzegovina perde i suoi confini storici così che l'allora Regno di Jugoslavia venne divisa in province, vale a dire, il territorio della Bosnia Erzegovina venne diviso tra Serbia e Croazia.

Le ferite belliche della Prima Guerra Mondiale non erano ancora risanate quando, sulla scena mondiale, in particolare su quella europea, scoppia la Seconda Guerra Mondiale nel 1939, il cui bersaglio, il Regno Jugoslavo, e quindi anche la Bosnia Erzegovina, diventa già nel 1941.

Molto presto, dopo la conquista da parte delle forze naziste della Jugoslavia, la Bosnia Erzegovina viene messa sotto il controllo del filo-fascista Stato Indipendente della Croazia (NDH). Durante la guerra, le autorità della NDH sistematicamente deportarono gli ebrei e i rom, ma anche tutti coloro che apertamente si opponevano al fascismo.

In questo periodo si presenta anche un movimento fascista dei cetnici/Chetnik che effettuerà crimini senza precedenti e inediti contro i Bosgnacchi, soprattutto di religione islamica, prevalentemente nell'area della Bosnia orientale.

Nel 1941 i comunisti jugoslavi, guidati da Josip Broz Tito, organizzano un movimento partigiano multi-etnico di resistenza. L'obiettivo delle loro attività militari erano le forze naziste tedesche e le forze fasciste dei četnici-e degli ustascia. I partigiani, combattendo le battaglie da guerriglia con l'aiuto degli Alleati hanno portato la Guerra alla fine liberando la Jugoslavia e, in questo contesto, alla Bosnia Erzegovina vengono restituiti i suoi confini storici, così da diventare essa una Repubblica con pari diritti all'interno della Federazione Jugoslava.

La città di Sarajevo ricorda la Seconda Guerra Mondiale, tra altre cose, anche per le seguenti date:

 

Il 6 aprile 1945 – nella predetta data, Sarajevo venne liberata dagli occupatori fascisti. Va detto che già il 5 aprile, le forze partigiane, vale a dire la XVI brigata dei mussulmani, entrano in Sarajevo e proprio passando per Vratnik (attraversando la Torre - cancello di Višegrad), da dove viene lanciata la liberazione di tutte le altri parti della città alla velocità della luce, per avere, solo un giorno dopo, il 6 aprile, tutta Sarajevo, sotto il comando delle forze antifasciste. Anche questa volta, per Sarajevo, come prima (nel 1697 e nel 1878), le battaglie cruciali e decisive vennero combattute nei pressi o proprio nel quartiere di Vratnik - abbiamo detto, questo è il nucleo di Sarajevo, da dove rinasce Sarajevo, ogni volta, dalle ceneri, come l'uccello fenice.

Infine, diciamo che le Torri-cancello di Vratnik hanno trovato il loro posto anche nello stemma della Città di Sarajevo ed il 6 aprile, il giorno della liberazione dalle forze fasciste, si festeggia come il Giorno della città.

 

Luoghi della tragedia e i monumenti commemorativi della Seconda Guerra Mondiale - ci sono molti posti nella città di Sarajevo nei quali vennero uccisi Sarajevesi o dove si trovano dei monumenti commemorativi concernenti la resistenza e le tragedie causate dalle forze fasciste. Qui mettiamo in rilievo due luoghi importanti:

·Monumento commemorativo nel quartiere di Vraca – al di sopra di un quartiere di Sarajevo, chiamato Grbavica, si trova il quartiere Vraca, nel quale ancora le autorità austro-ungariche hanno costruito una notevole fortezza. In questa struttura, durante la Seconda Guerra Mondiale, le forze naziste (e degli ustascia) eseguivano delle esecuzioni di massa – fucilazioni di Sarajevesi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale in questo luogo viene costruito un Parco- commemorativo alle vittime del terrore fascista. Al Parco-commemorativo sono incisi i nomi di migliaia di sarajevesi uccisi di diverse identità etniche, religiose e confessionali .

E' assurdo ma anche vero che questa fortezza austro-ungarica e il Parco-commemorativo alle vittime del fascismo nella Seconda Guerra Mondiale, durante l'aggressione 1992-1995, serviva all'aggressore come una roccaforte per l'artiglieria con la quale distruggeva sistematicamente la città e uccideva soprattutto i civili!

·Fuoco eterno - dopo la liberazione di Sarajevo il 6 aprile 1945, al primo anniversario della liberazione, dinanzi all'allora albergo "Grand” viene posizionata una targa memoriale ai liberatori della città e alle vittime del fascismo. In quel momento venne accesa la fiamma eterna che arde ininterrottamente fino ad oggi, tranne durante l'assedio di Sarajevo 1992-1995, per un semplice motivo, perché la città era stata privata del gas.

 


 

Sarajevo 1992 – 1995

Come centro amministrativo, politico, economico e culturale della Bosnia Erzegovina, la sua città più grande e più popolosa, Sarajevo è stata il baricentro attorno al quale venivano intrecciati tutti i piani politici e militari per determinare il destino della Bosnia Erzegovina, alla fine del periodo jugoslavo della sua storia, dalla metà degli anni 80 fino alla metà degli anni 90 del XX secolo.  Per la brutalità con la quale veniva attuato nonché per la gravità e vasta portata delle sue conseguenze, il più importante era il piano attraverso il quale le élite politiche serbe hanno definito la propria strategia di uscita dalla Federazione jugoslava. Basato sul principio "tutti i serbi in uno Stato", questo Piano prevedeva la scomparsa della Bosnia Erzegovina come Stato, il raggiungimento del dominio politico dell'elemento nazionale serbo nella maggior parte del suo territorio e l'adesione del predetto territorio allo Stato serbo.

Opsada sarajeva

Dato che un tale Piano non poteva essere raggiunto attraverso mezzi politici e non violenti, un ruolo importante nel processo della sua attuazione è stato conferito all'Esercito popolare jugoslavo, il cui vertice di comando e di gestione si era messo completamente al servizio delle elite politiche serbe. Un'enorme forza armata jugoslava veniva completata, in armonia con i piani sovversivi anti-bosniaci, con la polizia segreta serba e con le sue unità speciali. La più ampia base di integrazione e  sostegno per queste forze, nell'area della Bosnia Erzegovina, la garantiva il Partito Democratico Serbo (SDS).

In un'area più larga di Sarajevo, fino alla metà di marzo del 1992, le predette strutture hanno preparato una macchina da guerra terrificante. La formazione da guerra del 4º corpo dell'Esercito popolare jugoslavo (JNA) di 24.000 uomini è stata rafforzata da una struttura paraformale dei volontari che contava 33.200 persone, che veniva in segreto e illegalmente formata e armata da parte della JNA. A queste forze vanno aggiunte le formazioni della Difesa Territoriale e parti dei gruppi di polizia, attivi e di riserva, che da parte delle strutture di SDS venivano estratti dalle strutture di  autorità legali, nonché vari unità dei volontari e speciali del Servizio di Sicurezza dello Stato della Serbia e dei loro derivati, nati nelle comunità locali in Bosnia Erzegovina.

Una prova di blocco completo di Sarajevo le predette forze l’hanno effettuata il 1 marzo 1992 mettendo barricate sulle strade urbane dopo il referendum sull'indipendenza il quale è stato attuato da parte delle autorità della Bosnia Erzegovina in armonia con la Costituzione e, su richiesta della Commissione arbitrale della Conferenza internazionale di pace inerente la Jugoslavia. Il blocco militare di Sarajevo è stato realizzato alla vigilia del riconoscimento dell'indipendenza statale della Bosnia Erzegovina da parte della Comunità europea, il 6 aprile 1992. Questo atto ha cambiato il carattere delle attività delle forze armate jugoslave da attività politica di parte e sovversive nei confronti dell'ordine costituzionale della Bosnia Erzegovina in aggressione armata secondo il diritto internazionale. Entro l'inizio di maggio, il blocco della città di Sarajevo è stato strutturato come un classico assedio militare di tipo medievale.

Lo scopo di un così grande impegno delle forze serbe militari e di polizia nella zona di Sarajevo è stato articolato a livello strategico e aveva un duplice carattere. Da un lato, queste attività hanno avuto un obiettivo solo militare di prendere la città, che avrebbe indubbiamente terminato la guerra, presto e con successo per l'attaccante. D'altra parte, l'assedio brutale e contro la civiltà umana di Sarajevo, la sofferenza dei civili nelle operazioni quotidiane delle forze d'assedio serbo, il continuo creare delle crisi umanitarie nell'ambito delle quali le autorità serbe militari e politiche potevano manipolare e ricattare con successo, collegava le forze dei difensori e facilitava la realizzazione degli obiettivi strategici serbi in altre zone della Bosnia Erzegovina, spostando così l'attenzione del pubblico internazionale dal crimine del genocidio e della pulizia etnica effettuati durante la loro realizzazione.

Le forze degli aggressori non potevano occupare militarmente Sarajevo poiché non potevano superare la resistenza dei suoi difensori. Dall'inizio, una forte resistenza, basata sull' entusiasmo e sull'eroismo dei patrioti che stavano in difesa della propria città e Patria, e la forza dei difensori – membri del Ministero dell’Interno e della Difesa territoriale - dal luglio del 1992 diventato l'Esercito della Bosnia Erzegovina - sono in costante crescita. Dai primi scontri accaduti in aprile, le forze dei difensori di Sarajevo fino al 1 settembre del 1992, al livello organizzativo erano cresciute fino al livello dei corpi. Con le forze schierate all'interno della città, impegnate nella sua difesa cruciale, e le forze sull'anello esterno dell'assedio, il 1º corpo dell'Armata della Repubblica Bosnia Erzegovina, fino alla fine della guerra difendeva e ha difeso con successo la città di Sarajevo.  A parte le battaglie armate che portava avanti, nel corso del quale, per la libertà della città e lo Stato della Bosnia Erzegovina, sono stati uccisi 5.394 e feriti 20.513 dei suoi combattenti, il 1º Corpo anche in altri modi, e con tutti i mezzi a disposizione, ha cercato di rendere possibile la sopravvivenza dei cittadini di Sarajevo. Una delle più famose attività del genere è stata l'attività di costruzione del Tunnel della guerra sotto la pista dell'Aeroporto di Sarajevo, che collegava il quartiere di Dobrinja con quello di Butmir consentendo così la comunicazione e il trasporto di quantità minime delle risorse più importanti per la sopravvivenza della città.

Per terrorizzare funzionalmente la città le forze aggressori assedianti disponevano oltre ad un numero sufficiente di armi di fuoco e di strumenti posizionati sugli edifici dominanti intorno alla città ancora prima dell'inizio dei combattimenti, così che dovevano ancora solamente mantenere sufficientemente elevata la soglia di tolleranza dell'apparato burocratico delle Nazioni Unite e dei centri internazionali del potere politico nei confronti delle sofferenze e delle stragi degli abitanti di Sarajevo. Essi lo fecero con successo fino agli ultimi mesi della guerra e dell'assedio. La sofferenza quotidiana dei cittadini di Sarajevo non avviavano il meccanismo inerte del potere della comunità internazionale. Solo le stragi occasionali e le stragi di massa dei civili nei mercati, nelle file per pane e acqua, la sofferenza dei bambini nelle classi e nei campi giochi, attraverso le immagini sanguinose dei media avrebbero suscitato la reazione del pubblico internazionale, ma senza conseguenze per i criminali e la loro macchina da guerra. Durante l'assedio di Sarajevo, dal 1992 al 1995, nella città hanno perso la vita oltre 18.000 persone, di cui come vittime dirette delle operazioni di guerra durante l'assedio della città, sono state uccise 9.502 persone. Solo dopo l'ultimo grande massacro dei civili di Sarajevo, che le forze degli aggressori hanno effettuato con un proiettile di mortaio lanciato a "Markale” il 28 agosto del 1995, i meccanismi del potere internazionale vengono avviati. Sono stati compiuti attacchi durati per diversi giorni, da parte dell'aviazione NATO e sui luoghi delle forze serbe tenuti durante l'assedio di Sarajevo, che hanno segnato la fine della pluriennale sofferenza della città e dei suoi abitanti.

In base agli Accordi di pace di Dayton, raggiunti alla fine del 1995 anno, è terminata la guerra in Bosnia Erzegovina. Le aree urbane nelle quali era stato istituito l'assedio delle forze serbe sono state reintegrate durante l'attuazione degli Accordi in primavere del 1996.


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Vratnik

Nel luogo dell'ex Hodidjed (castrum), al di sotto della fortezza, si trova il quartiere Vratnik, sul posto di un villaggio medievale (subcastrum), e nella parte centrale di Vratnik c'è il piccolo mercato ottomano di Vratnik, chiamato Mejdan, che giace sul luogo dell'antica piazza medievale chiamata Tornik. Tutto questo indica che il Vratnik odierno ha una continuità che risale al medioevo e, attraverso l'epoca ottomana, è sopravvissuto fino ad oggi, come il nucleo di Sarajevo. Vratnik ha un nome di etimologia slava. Nella regione dello slavo meridionale, la parola Vratnik indica quel spazio attraverso il quale si esce o si entra (porta).

Vratnik è un quartiere sulla collina, il quale, nella sua parte centrale ha un altopiano chiamato Mejdan che rappresenta il mercato di Vratnik che aveva, tempo fa, una serie di negozi e botteghe artigianali, come panifici, negozi di barbiere, trattorie, produttori di candele, di coperte, di rame... Ancora oggi, a Mejdan, si possono trovare molti negozi di merce mista, piccoli ristoranti ecc... Dal Mejdan di Vratnik, che è il "cuore" di Vratnik, vengono diramate numerose, strette, ripide e tortuose viuzze, scalinate, ma spesso anche vicoli ciechi. In questi "flussi sanguigni" della vita di Vratnik, per secoli, le persone hanno costruito e distrutto. Infatti, Vratnik ha un ricco patrimonio culturale-storico, di natura prevalentemente sacrale e di fortificazione. Prima di citare, solo alcuni, dei beni culturali-storici, dobbiamo dire che il flusso turbolente della storia ha portato via in modo irreversibile un gran numero di edifici.

La Moschea Bianca (Bijela džamija) – è una delle più belle moschee di Vratnik e di Sarajevo. E' stata costruita nella prima metà del XVI secolo da parte dell’Haidar- effendi. Questo benefattore era un divan-katib o segretario del più grande benefattore di Sarajevo, governatore del Sangiaccato della Bosnia, gazi-Husrev Bey. Si merita di essere ricordato quanto segue – dato che Haidar-effendi durante l'intera sua vita lavorativa ha scritto molto, raccogliendo i resti delle sue matite di canna rimasti dopo l'affilatura, ha lasciato come impegno quanto segue a coloro che avrebbero preparato il suo corpo per la sepoltura: "Quando morirò, l'acqua in cui andrete a lavare il mio corpo morto, riscaldatela sul fuoco fatto con i resti di canna, che ho raccolto tutta la vita!". La gente dice che il suo desiderio si è realizzato. Haidar-effendi muore nel 1545 dopo il suo ritorno dall’Hajj. Lasciò una moschea che la gente chiamò la Moschea Bianca dato che con l'uso della calce è stata resa bianca, come la perla, di un bianco che così non si trovava a Sarajevo. La moschea ha un alto e snello minareto in pietra, ed è particolare perché davanti al suo ingresso ci sono divani in legno a due piani, il che non è usuale per le moschee bosniache. La moschea ha un bellissimo harem ed in esso un cimitero musulmano con delle bellissime lapidi. Nello stesso complesso, vi è anche una tomba a cupola, che si ritiene appartenga al benefattore di questa moschea. La curiosità di questa lapide, che si trova sotto la tomba a cupola fatta in legno, è che una leggenda popolare riporta che fosse completamente fatta d'oro puro, portata via, nel 1697, dopo l'invasione di Eugenio di Savoia – ripetiamo, questa è una leggenda popolare! Nel cortile della moschea, c'è un maktab femminile, nominato per la prima volta nel 1697. Inoltre, va ricordato che accanto alla moschea, nel XIX secolo venne costruita una torre-orologio in legno, demolita per motivi di sicurezza – gli abitanti del posto (mahaljani) ritenevano che il vento poteva facilmente buttarla giù causando gravi danni.

Kovači

Sotto Vratnik, fino al mercato principale di Sarajevo (Baščaršija) si è sistemato un quartiere residenziale chiamato Kovači. La parola Kovači come Vratnik, è di origine slava e indica il luogo dove viene trattato il metallo o la pietra - in questo caso si tratta della pietra! Così, nel quartiere Kovači, da tempo immemorabile vivevano maestri scalpellini che principalmente realizzavano le lapidi tombali. Ancora nella Bosnia del periodo pre-ottomano o medievale era altamente sviluppata l’attività artistica della lavorazione o trattamento delle lapidi chiamate stećci originariamente detto dei marmi. Questa attività in modo specifico sopravvivrà alla caduta dello Stato medioevale bosniaco e continuerà ad avere la caratteristica della creazione delle lapidi di diverse provenienze o confessioni bosniache. L'arte dei stećci si riflette nell'arte delle lapidi bosniache come lapidi islamiche o nell'arte delle croci come lapidi tombali cristiane e perfino nell’arte dei leoni, lapidi tombali sotto le quali trovarono la loro pace gli ebrei bosniaci, prima di tutto i Sefarditi e poi anche gli Ashkenaziti.

Non a caso abbiamo fatto una piccola gita di studio nell'arte bosniaca delle lapidi come di quelle medievali così di quelle dell'era moderna. La ragione è ovvia, ma solo se considerate l'immagine urbanistica-architettonica di Kovači. Quasi ovunque vi girate, vedrete delle lapidi – nišani (lapidi di provenienza islamica). Le lapidi più antiche di Kovači risalgono al XV secolo o all'epoca di Feth, vale a dire alla conquista della Bosnia da parte degli Ottomani. Proprio su queste lapidi del XV secolo, più vividamente osserviamo la riflessione dell'arte dei stećci - prima nell'iconografia o nella plastica delle lapidi. Le lapidi più antiche sono di forme arcaiche, molto alte, anche più di due metri, di semplice lavorazione, e spesso senza il loro turbante e senza iscrizioni. Su di esse, vi sono quasi gli stessi simboli che si trovavano anche molti secoli prima sulle lapidi anche prima degli Ottomani, ovvero: emisferi (mele), bastoni, archi con frecce, mezze lune, mani ecc. Queste vecchie lapidi sono in forma di stele o obelischi con le parti finali in forma di piramide sulla cui cima stanno gli emisferi. Le lapidi di questo tipo sono forme di transizione dallo stećak in quella che sarebbe poi diventata la forma classica delle lapidi. Se si guardano con l'attenzione le lapidi in tutti i quattro complessi cimiteriali crediamo che noterete queste più antiche forme nelle quali scoprirete la tradizione bosniaca pre-ottomana.

Va notato che i complessi cimiteriali o i complessi cimiteriali islamici in Kovači hanno le lapidi, ininterrottamente dal XV fino al XXI secolo. Tuttavia, oggi, le più numerose sono quelle degli anni novanta del XX secolo, e si tratta delle lapidi dei martiri (degli shahīd) o delle lapidi dei difensori della Bosnia Erzegovina, ma anche della città di Sarajevo, dal periodo dell'aggressione 1992-1995 – questa forma delle lapidi assomiglia di più a quella antica forma delle lapidi del XV secolo, già in parte descritta.

Ad un gran numero delle lapidi in Kovači si riferisce una serie delle storie trasmesse verbalmente, relative alla vita dei sepolti musulmani o no. Per la maggior parte si tratta di persone che con il loro operato hanno segnato il tempo e l'ambiente in cui vivevano. Una delle storie più interessanti è quella di Hasan-effendi, noto come il Hafiz (Sari) Biondo (Plavokosi (Sari) Hafiz), che ha vissuto nel XVIII secolo. Quello che sappiamo di lui è che era un derviscio dell’Ordine (Tariqat) dei Numani e che si occupava della guarigione di sarajevesi che lo consideravano un chiaroveggente. Morì nel 1778. Il tarih (epitaffio) per lui era redatto da un famoso poeta bosniaco della poesia Diwan, Mehmed Mejlija Guranija (1713-1781). In seguito si riporta solo una parte di quel tarih (epitaffio):

"O, morte,
Quanto dolore perché Hafiz-effendi, dal carattere di angelo,
Si è trasferito da questo mondo nel castello eterno.
Tutta la vita ha passato in obbedienza e preghiera,
E in questo mondo non ha avuto nessun desiderio.
Nell'ascetismo e nella fede nessuno del suo tempo era uguale a lui,
Perché dovrebbe essere un miracolo se il Signore rende il Paradiso
il luogo della sua residenza... "

Ricordiamo, inoltre, che i sarajevesi considerano il Hafiz Biondo un santo (il buono), e che la sua tomba fino ad oggi è conosciuta come un luogo di benedizione o di abbondanza, accanto alla quale non si passa senza recitare la preghiera Al Fatiha.

Oltre al cimitero musulmano nella zona di Kovači sono presenti anche altri siti culturali-storici. Prima di tutto, qui si pensa alle moschee, tra le quali, in particolare, si distingue la Moschea Mišćina. Di questa moschea ne ordinò la costruzione Kebkebir hajji-Ahmed nella prima metà del XVI secolo, e fu chiamata ufficialmente con il nome del suo benefattore. Tuttavia, nel XVIII secolo la moschea viene chiamata dalla gente Moschea Mišćin, nome del muezzin, noto per la sua bellissima voce con cui invitava alla preghiera, soprattutto a quella del mattino – la prima preghiera (salāt al-subh). Così un sarajevese, Mula-Mustafa Bašeskija nella sua Cronaca dice su questo muezzin: "All'alba recitava inni e con la sua voce riempiva la città." Di questo muezzin sappiamo che è morto nel 1786/87 e che fu sepolto nel cimitero, proprio di fronte alla moschea. Le sue lapidi sono di piccole dimensioni e di pietra verde (travertino) senza iscrizioni, e la leggenda dice che il suo vero nome era Mehmed e che di mestiere faceva produttore artigianale di corpetti e gilet femminili (belukčija). La Mosque Mišćina non è famosa solo per il suo muezzin Mehmed del XVIII secolo. Questa moschea, quasi per tradizione, ha dei muezzin che si distinguono per la loro voce, come dicono alcuni "i makam di Sarajevo", il che è strettamente legato alle interpretazioni tradizionali di sevdalinke (canzoni popolari liriche).

La moschea Mišćina come una struttura architettonica è una delle più belle moschee sarajevesi di quartiere. Ha un minareto in pietra, tetto a padiglione, il Mihrab riccamente decorato con stalattiti (mukarnas)... Però, ciò che distingue questa moschea da tutte le altre di Sarajevo sono due opere pittoriche sulla parete sinistra all'interno dell'edificio. Questi due dipinti colorati in una prospettiva interessante, che riportano Mecca e Medina sono realizzati nel 1870 dal pittore (nakaš) Mustafa Faginović (Sarajevo intorno al 1793 - Istanbul intorno al 1900), noto per la sua opera nella famosa Moschea di Sultano Fatih a Istanbul. Molte persone anziane di Sarajevo che non erano in grado di eseguire il quinto dovere Islamico (Hajj) nel momento in cui doveva essere fatto, venivano nella moschea di Mišćin a guardare i due dipinti dei due templi venerati e grazie alla forza che ha solo il simbolo nell'arte sacra, hanno realizzato il legame spirituale con la Kaaba a Mecca e con al-Rawda al Nabawiyya (Il Giardino del Profeta) e la Moschea del Profeta a Medina.

 

Il centro balcanico di Ricerca Mevlevi – Isa-Bey Ishaković per cui crediamo che è il fondatore di Sarajevo ottomana ha ordinato, tra l’altro, la costruzione della famosa tekke (zavija) sul sito del borgo medievale Brodac – molti secoli più tardi e fino ad oggi, questo sito lo conosciamo come Bentbaša. Le prime notizie di Tekke le troviamo nella Carta di waqf di Isa-Bey, datata 1462. Anche se nella Carta di wqaf non è specificato a quale Ordine dei dervisci (Tariqat) appartiene la Tekke ci sono una serie di fatti storici che mostrano senza dubbio che essa faceva parte del Tariqat Mevlevi. La Tekke ha avuto una storia turbolenta e ricca, nonché un ruolo estremamente importante nello sviluppo della città di Sarajevo. Purtroppo, la Tekke dopo la Seconda Guerra Mondiale, precisamente nel 1958, venne completamente distrutta in nome della moderna politica urbana - era una perla di architettura, sintesi di architettura autoctona bosniaca e ottomana-orientale. Ecco una descrizione della Tekke di Isa-bey, tratta dall’opera Sejahatnama del più famoso calamo ottomano, lo scrittore mondiale di viaggi, Evliya Čelebi (XVII secolo):

"La Tekke Mevlevi si trova sulla riva del fiume Miljacka, in un posto splendido che sembra il Giardino del Paradiso. Si tratta di un waqf-Tekke (dell'ordine) di Jalaluddin Rumi. Dispone di una sala per cerimonie dei dervisci (semahana), una stanza per colloqui (mejdan) e di 70-80 ampie celle dei dervisci con galleria, dove i dervisci suonano (mutriban), con cucina (imaret) e sala pranzo. Al suo capo sta (Shaikh) un derviscio educato le cui preghiere Dio soddisfa. Il capo dei suoi musicisti (najenzibaša), il derviscio calligrafo Mustafa, ha una bellissima grafia."

Anche se la Tekke di Mevlevi di Isa-bey venne distrutta alla fine degli anni cinquanta del XX secolo, il mevlevismo a Sarajevo mai si spense. Esso, da sempre, più o meno era presente principalmente sotto forma delle lezioni di Mesnevija – un'opera capitale di natura spirituale (Khutba) del Tariqat Mevlevi di hz. Mevlan Jalaluddin Rumi (Belhija).

Nel 2013 la tradizione Mevlevi a Sarajevo assume una dimensione nuova con la costruzione di un Centro di ricerca Mevlevi situato sopra il quartiere Kovači. Questo centro è stato costruito in forma architettonica dell'ex Tekke Isa-bey di Bendbaša. E' il frutto di un'amicizia di lunga data tra due Comuni gemellati: il Comune di Selçuk di Konya (Turchia) e il Comune di Stari Grad di Sarajevo (Bosnia Erzegovina).

Si spera che questo Centro, come un futuro Mevlevi Dargah, sarà un luogo di incontro per coloro che cercano la Fonte della vita (abu-hajat), dove passa e si ferma Hydra (a.s.) – il messaggero dell'eterna divina ierognosi (ma'rifah akhirawiyya). Amen!


Sebilj – javna česma

- je podignut 1753. god. sredstvima bosanskog vezira Mehmed-paše Kukavice. Sebilj je imao burnu povijest, pa je više puta obnavljan. Sadašnji izgled, u neomaurskom stilu, dao mu je 1891. godine arhitekta Josip Vancaš.


Kazandžiluk, Male daire i Luledžina ulica

Čine ambijentalnu cjelinu koja daje sliku stare Baščaršije, onakve kakva je bila prije jedno stoljeće i više. U ulici Kazandžiluk već nekoliko stoljeća njeguje se ručna izrada bakrenog posuđa i drugih predmeta, a u Luledžinoj ulici formiran je mali "trg” oko kojeg su nekada bile daire (kameni magacini za smještaj robe), pa tako i danas imamo sačuvane Male daire.


Gazi Husrevbegova džamija

(Begova džamija) je podignuta 1530. god. Podigao ju je najveći sarajevski vakif Gazi Husrev-beg. Ovo je najmonumentalnija sakralna građevina iz osmanskog perioda u BiH. Vjeruje se da je autor Begove džamije bio Perzijanac Adžem Esir Ali, a da su u izgradnji džamije učestvovali dubrovački i domaći majstori.



Brusa-bezistan – Muzej grada Sarajeva

je smješten u trgovačkom središtu Baščaršije, kojeg je podigao veliki vezir Rustem-paša 1551. god. Brusabezistan je nazvan po Bursi jer se u njemu prodavala svila iz ovog (maloazijskog) grada. Danas je Brusabezistan adaptiran za dio postavke Muzeja grada Sarajeva.

 


 



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